Swing Talks

Count Basie

L'emblema dello Swing.

A volte cerchiamo di uscire da questa empasse ma tutte le volte desistiamo: se si vuole far capire a una persona cosa sia lo Swing e cosa significhi avere swing, ricorriamo sempre a Count Basie! È molto difficile spiegare cosa significhi avere swing, forse la definizione migliore ce la dà proprio Count Basie: “se suoni una canzone e una persona non batte il tempo coi piedi, smetti di suonarla.”

Quindi, se ascoltiamo una band e non riusciamo a stare fermi, bene quello è swing! Ma un ritmo o una pulsazione non bastano in sé a fare swing. Secondo Gunther Schuller, grande esperto e musicista swing statunitense, non basta il ritmo e nemmeno il calcolo, lo swing è sottile, si deve sentire. E l’orchestra di Basie è stata per oltre quarant’anni una perfetta macchina da swing.

Basie spicca per semplicità di forme e di trame. Nell’orchestra di Basie ogni elemento aveva il suo preciso ruolo a complemento di quello degli altri componenti. Nessuna ridondanza, un organico perfetto e unito. “Less is more” sembra essere il suo mantra. Forse proprio questa semplicità, di ritmo, di melodia, di assoli, rende Count Basie il preferito dei ballerini di swing dances di tutti i tempi.

Entriamo ora nello specifico con un paio di documenti sonori che vi faranno riconoscere Basie e i suoi strumentisti in qualunque ballroom voi vi troviate. Il primo è un vero reperto: una jam di Honeysuckle Rose live al Carnegie Hall, nel 1938. A dirigere nientepopodimenochè Benny Goodman. E voi direte “ma non si stava parlando del conte?”. Sì, ma in questa sfrenata jam, Benny Goodman ospita alcuni dei componenti dell’orchestra di Basie insieme allo stesso Count: Buck Clayton (tromba), Lester Young (sax tenore), Walter Page (contrabbasso) e Freddie Green (chitarra).

Fino al minuto 2.26 si notano sovrapposizioni, frenesia, ritmo verticale (da ballerini potreste immaginare un bounce nervoso), persino durante l’assolo di sax tutto è frenetico e quasi un po’ disordinato. Minuto 2.26 l’assolo di sax di Johnny Hoodges termina e viene lasciato spazio alla ritmica, che, con l’eccezione di Gene Krupa, è principalmente di origine basiana. Bene, anche un ascoltatore novizio non potrà non notare come la musica cambi in maniera radicale. Sentite come viene facile battere le mani a tempo grazie anche agli accenti della chitarra e notate quel fraseggiare di pianoforte scarno ed essenziale, tipico di Basie.  Da qui in poi gli assoli si alternano, in una jam coinvolgente in cui il jazz bianco (Benny Goodman) e quello nero (Count Basie) letteralmente… se le suonano!

Citando nuovamente Gunther Schuller, Count Basie ha dato swing alla grande tradizione blues. Lo si può notare nell’uso dei riff estremamente semplici. Per chi non ha confidenza con il blues spieghiamo brevemente la logica di una canzone: “1 strofa: la mia bella mi ha lasciato – 2 strofa: la mia bella mia ha lasciato e sto male da morire – 3 strofa: la mia bella se n’è andata, ma io ce la farò”. La ripetizione è ciò che rende memorizzabile una canzone e quindi anche ballabile. Forse proprio questa semplicità strutturale e le sue ripetizioni (che lo rendono anche un po’ “prevedibile” se vogliamo) è ciò che rende Count Basie perfetto per i nostri piedi irrequieti! Ed ecco per voi due vere delizie da ballare, piene zeppe di riff: Sent for you yesterday e One o’clock Jump. Se non siete riusciti a stare fermi allora avete capito cos’è questo maledettissimo swing!

 

 

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